Ascani Donato all'Alma
MI chiama il Bullo e mi dice vieni alla Cene d'Autore, all'Alma, c'è Ascani, io dico Vengo.
Del resto chi - tra noi gastroinnamorati - si perde l'occasione di vedere all'opera un interessantissimo chef, coadiuvato dalla brigata di giovini al termine del loro corso di alta cucina? Giammai.
E già incamminarsi verso la stupefacente facciata della Reggia di Colorno, e pori risuonar di passi nel cortile d'Arme è una emozioncina che solo se hai una fresa metallica al posto del cuore puoi non provare, e quindi mi gurdo attorno pieno di capogiri.
La Scuola è autenticamente grande: 25 aule, la sterminata cucina didattica, il ristorante didattico che è accogliente quanto mai ti aspetteresti, e lo spumeggiante calore di tutto il team dell'Alma che vive l'occasione con palpabile entusiasmo.
Del resto il Donato Ascani in un amen spazza via il ricordo delle tante cene di fine corso piene di rollè e di salsodromi multicolori, e fa quello che ci si aspetta da un cuoco (che è anche uno chef): confeziona un plausibile prodotto di ristorazione dalla mattina alla sera. I corsisti sotto la pressione di tale energia restano incollati ai fornelli, e mandano in tavola piatti molto più che corretti: formalmente, ma anche sostanzialmente di gaudenza piena. Il fatto che sia un cuoco (ma anche uno chef) che cucina ancora e con entusiasmo si intravvede largamente da questi dettagli.
Smantellati i pregiudizi sulle cucine in trasferta, Ascani fa danzare la sua esuberante brigata "acquisita" tra rimandi veneziani, lui che a Venezia officia ma veneziano non è, e conoscenze cosmopolite, lasciando di stucco gli ospiti una creazione dopo l'altra: formidabile il "burger" fritto, di branzino e maionese; godevole la cialda con le sarde, quasi un "cicheto" in metafora; sorprendente il cavolfiore, vibrante di diverse sapidità; abbagliante il complesso piatto di puntarelle, semel in una vita cotte; risotto e spaghetti di conforto e di pensiero; e bel viaggio con la lingua d'agnello, senapata a dovere.
Oltre ai tellurici cambi di colore nelle pietanze, va sottolineato l'incontro con Ascani è didattico anche per chi assaggia: un governo illuminato delle acidità; una padronanza assoluta delle sapidità "non saline"; un comprensione dell'insieme del piatto che sa mettere da parte l'ossessione per l'equilibrio a favore di una ricerca aristocratica di armonie inusuali.
Quando si chiude il cancello alle spalle è mezzanotte d'inverno, il freddo spazzato via da tanta bellezza.
PS.: sono riuscito fino ad ora a non dire che Donato Ascani è lo chef di Glam a Venezia, locale addobbato da due fiorelloni penumatici.
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