Cortex, corteccia bistrot
Allora, c'è questa coppia di malavitosi, Vincent Vega e Jules Winnfield, con cui ci si trova a volte a pallare di vino e cibo, a volte addirittura di cibo e vino. Càpita dunque che mi solfeggino storie di questo posto "carino", che nel loro linguaggio anedonico di uomini vissuti assai ed esperti di cose del mondo significa "interessante, vale la pena di perderci un paio d'ore, potrebbe addirittura piacerti".
Per la verità di Vince e Jules non è che mi fidi granchè: sono bravi e molto di numeri, di calcetto e podismi, ma quanto a robe gastronomiche hanno una sensibilità ossuta e intermittente che non sempre mi accontenta. Ma la loro cesta degli aneddoti è assai fornita, e riescono a strapparmi due sorrisi, a volte tre, in questa valle di lagrime.
Dunque Vince & Jules mi trascinano - senza per la verità che io opponga troppa resistenza - da Cortex, un posticino conficcato nelle pieghe del centro di Parma, che all'esterno risulta ancor più ascetico che lineare. Varcata la soglia poi la musica cambia: in tutti i sensi. Esplode una playlist che riesce anche a farmisi piacere, ma sopra tutto esplode il sorriso dell'Ostessa, che poi è anche la dea-ex-machina della carta dei vini, di certo una delle più interessanti viste negli ultimi seicento anni sulle rive del Torrente.
Mentre i due giovinotti ne raccontano di tutti i colori, e tanto basterebbe per rendere lieto il pranzo, il menu si squaderna senza le classiche suddivisioni, e per me è un più: le pareti sono nude ma non spoglie, non saprei meglio dirlo: la sala da pranzo è asciutta e accogliente e pure di certo calore. Gli spazi sono misurati ma non angusti, e questa sintesi tra il meno che non è mai poco si riverbera in ogni passaggio, dalla lista delle vivande alla stessa composizione del piatto. Non micragnose le porzioni ma nemmeno alluvionali, i sapori ben disegnati e non pallidi. Altro personalissimo più per la rinunzia alla retorica delle griffe e alle così "moderne" descrizioni survoltate da ambizioni letterarie mal risposte dell'estensore del menu, che dovrebbe solo far capire cosa c'è da mangiare e non guadagnarsi un Premio Bancarella.
Piace la laicità dell'approccio all'ingrediente, preso senza troppe fisime di qua e di là, piace il gesto che non indulge al lezio ma traspare cura e pensiero, piace pure il totale, garbato seppur perfettibile ad un tempo.
Passa al livello successivo la proposta dei dessert che lascerebbe a bocca aperta se la stessa non fosse impegnata a godersi la delizia delicatamente dolce di zuccheri trattati con mano di velluto.
Cortex agisce da più di qualche mese, ed è un bella voce nuova nel panorama spesso ansimante della Parma imbellettata delle vie del Centro. Per questa affermazione ho rischiato la vita, in quanto i parmigianissimi Jules & Vince hanno immediatamente messo mano al revolver. Però mi hanno portato da Cortex e li ho perdonati, anche se non si dovrebbe perdonare chi si ama.
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