La Zia di Roma si chiama Antonio Ziantoni
Il passo lo provi quando parcheggi, acrobaticamente, tra i sampietrini di Trastevere: sulla soglia quello che scoprirai essere il tuo sommelier si preoccupa di dirti Lì si, e Lì no, che la gestione della vigilanza urbana nell'Urbe è un po' schizofrenica. Il tocco lo provi quando accompagnato al tavolo - adorerai la luce diritta e puntiforme, e le vellutate penombre - ti sentirai avvolto d'attenzioni. Sarai felice di subire i suggerimenti sussurrati e i ritmi precisi degli assaggi. Non mancherai di gradire l'andare setoso, i vini di scelta non banale, i piatti di formidabile tecnica ma senza astrusità.
Detto: che si attraversano tutti i passaggi del locale ambizioso contemporaneo, dalla panoplia di snack con stovigliame particolareggiato, sfoggi di gusto, esplosioni di colori. La degustazione larga e profonda, che non abbandona i capisaldi, quasi "esercizi obbligatori" di cucina italiana contemporanea. Detto che la piacevolezza del correre del tempo imburra di felicità i colpi successivi di patti ardimentosi e solidi. Detto che lo chef dal piano di sotto manda in tavola un vocabolario complesso e scoppiettante, dipinto a tratti di soffice classicità a volte dei colori scuri della scuola.
Detto tutto ciò vale la pena di affidarsi al lessico (non troppo) familiare di Antonio Ziantoni, metronomico e generoso nello stesso tempo: che parrebbe una contraddizione in termini. Ma no: l'accento francese del suo modo di stare nel mondo non trascura le mura trasteverine che lo accolgono, e seppur mai mai traluce il birignao romanesco c'è "il resto". Cioè quell'essere "attorno al piatto" che dice altrettando di quello che c'è dentro.
Chef la vuole salutare, e il giovine in giacca bianca garbatamente, delicatamente, serenamente ti dice che ha fatto scuola guida con Anthony Genovese sul ponte di comando, oltre ad un altro paio di brigate da far tremare le vene ai polsi. E scrive il suo futuro a iniziare da oggi, magari accogliendo le istanze di una voglia di scardinare le liturgie che non è nonnismo ma urgenza d'evoluzione.
Se cerchi una Trastevere senza il mantello un po' greve della narrazione romanesca, Zia è il luogo tuo.
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