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Inkiosto a tre, memorabile a Parma.

Inkiostro lega il suo nome, per anni, a quello di Terry Giacomello, una personalità così scolpita che anche ignorarne l'assenza risulta affettato. Allora meglio di dire che Francesca Poli, vigorosa timoniera del ristorante appena fuori Parma, ha preparato un "dopo" ben disegnato, dagli intenti chiari e dall'orizzonte limpido. In cucina Salvatore Morello, così italiano da aver portato l'Italia cuciniera in Germania, dove ha vissuto - e lavorato - per ben 18 anni, tanto da parlare un tedesco scoppiettante e tutto pieno di consonanti, come si deve.
Eccoli dunque, i due dell'Inkiostro, una vulcanica serata a tre con lo chef di casa a tessere le fila di un percorso non solo interessante, ma a tratti letteralmente seducente. Addirittura memorabile, in frangenti.

Nell'affollata cucina turnavano Christian Eckhart, "head chef" del ristorante (e hotel) Purs di Andernach - D, vergato di due stelle gommose, rappresentazione anche fisica dell'eleganza e della sobrietà teutonica, e David Weingang, giovane cuoco iconoclasta del piccolissimo ma già celebre Verbene di Coblenza. Quest'ultimo lanciato con gli stivale delle sette leghe in direzione di una cucina "naturale" e vegetale: che oggi pare essere cosa all'ordine del giorno vista l'enorme messe di "svolte green" anche nelle cucine di casa nostra, ma a Verbene, quattro tavoli curiosamente disposti nel cortile di una chiesa, era progetto di sempre, in anticipo sui tempi.

Al di là dell'indagine del singolo piatto, interessante per una ristretta cerchia di appassionati - quorum ego - vale la pena di riportare una sensazione generale di straordinaria piacevolezza, di curiosità, di risposte coniugate al futuro prossimo, di riferimenti non banali o addirittura assenti come nel caso del "Voie gras" di Weingang, una ricostruzione del mitico "fuagrà" in chiave vegetale frutto di infinite prove, eccezionalmente comnunicativo al punto da poter essere addirittura elevato al ruolo di gran dessert.

Da Eckhart quello che ci aspettava da lui: perfezione formale, cura ossessiva della composizione, dell'ingrediente, della complessità aliena dalla maniera; da Weingang la capacità di sorprendere, di "deragliare" il corso della serata senza arrotolarsi in brutalismi di scorciatoia; da Morello la fermezza di una batteria di snack cesellati come in una pasticceria di gran vaglia, per una volta ricchi di personalità sfaccettate e riconoscibili in onta alla loro travolgente numerosità. Non meno che del piccione, esercizio obbligatorio eseguito con mano classica e tecnica granitica dalla cottura in carcassa al fondo fatto bene.

Nei bicchieri vini dal mondo, alla ricerca di accostamenti inusuali.

Per chi scrive l'occasione finalmente di tornare a parlare di cucina, di cibo, di ingrediente, di trasformazione - che è l'essenza stessa della cucina, e meno del racconto di tutto ciò. Le immagini dicono il resto.
Un grazie alla famiglia Poli per l'ospitalità "trasversale".