L'Ambasciata, a Quistello
Fare a patti con un passato ingombrante è una parte del mestiere se sei al timone del Galeone di Quistello, con tutto l'Amba Aradam di retorica che si porta dietro. Eppure quelle pareti cariche di libri e di storia, quell'opulenza rilucente, quel mervaiglioso tappeto di tappeti ne hanno da raccontare, eccome. E dunque l'equilibrio, il fulcro dove sta? All'Ambasciata la sintesi tra passato e presente sta al suo posto, in sala e in cucina.
Con la carta, grande come un campo d'angurie, in cui si rincorrono le novità e le consuetudini; con la mezza mortadella da cui esplode il profumo a metri di distanza e che arriva nel piatto ad azzerare le liturgie degli snack e degli appetizer e delle omelie che dimentichi dopo un istante; con quei tortelli di zucca, in mirabile equilibrio tra dolcezza (della zucca) e umami (del P.Reggiano)... La sfoglia sottilissima tirata al momento e il boccone sensualissimo del ripieno, in cui mostarda e amaretto sono appena poco più che una intuizione.
C'è un che di travolgente nell'espressività di questi piatti che sono capaci di sorprendere nella loro prevedibilità: le lunghe chiacchiere con Matteo Ugolotti - stampo Parmigiano, trasferito qui in tempi recenti a rilevare il locale onusto di antiche glorie - che di buon grado indaga e si confronta su temi che di solito impazzano sulle reti sociali. La composizione degli agnoli, che a me proprio paiono uguali ai cappelletti di reggemiglia. Ma no, hanno il maiale in corpo, pur di tre tagli diversi e a rosto. Il brodo "con gli occhi", di cappone di capponi belli, nel sorbir servito nella tazza.
Si beve un'iradiddio, ma se ti affidi al bravo sommeliero avrai un ineluttabile bicchiere di Lambrusco Mantovano da uve Grappello Ruberti, pressocchè sconosciuto dai Salaministi reggiani e da Sorbaresisti modenesi, oppure un sorprendente Piccolit secco.
La porta coloratissima dell'Ambasciata alle spalle, sarai portato a chiederti da dove viene tutto questo benessere, tu che ami il contropiede e il terremoto, qui che c'è morbidezza e una certa qual dilatazione di tempo e spazio. T'arrovelli e poi ti fai persuaso: quel salame di cioccolato, quello zabaglione caldo al paiuolo: un'accoppiata che sarebbe bambinesca al massimo grado, nella forma e nella memoria, se non ricorresse quell'intensa riga alcolica, quel marsala conficcato nella memoria come un cardine severo ed intangibile. Ecco tutto.
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