Non parlatemi di Manna
Ci vuole in due per reggere l'impatto del cattivissimamente cattivo Mattili Frondinski: conviene prendere sottobraccio Richard Von e schiacciare il pedale fino al Piazzale del Governo Provvisorio.
Il cuocone coltiva con cura la sua apparenza truculenta e il suo affetto per questo luogo della Milano risorta: la prima volta che mi trovai colà era luogo di perdizione e brutturia, notti buje e piogge untuose, locali equivoci di cucine etniche minoritarie e a vorticoso turn-over.
Ora no: la piazzetta è ariosa, e Manna brilla della sua unicità.
Ora i motivi di singolarità sono numerosi, e ne dissero millanta. Io mi contento di intingere la forchetta nel piatto, scambiandolo a mezza via con Richard Von che è sempre goliardo e sodale ad aderire al periglioso giuoco, con vigorosi cenni d'assenso per i sapori non raramente screanzati che Frondinski schiaffa nel piatto, per la virulenza del suo gesto, per la naturale empatia di grana finissima che l'Uomo mette in campo.
Mi godo i discorsi comuni e le memorie, che ai tempi di Rozzangeles la frequentazione del Manna era assai meno sporadica. E tante cose accadero lì, dalla prima riunione "di redazione" del mai dimenticato Appunti Digòla, al pranzo di Fotografi nella prima vita di Dissapore, al consueto pellegrinaggio per consegnare allo chef la "copia n.zero" dei miei libri.
Sarà per questo che mi godo frattaglie e piccanze, fritti azzardati e bolliti misti, dolci essenziali e panetteria. Mi mancano un po' i piatti minimi supereconomici, ma me ne faccio una ragione.
Richard Von fu pure dileggiato in diretta, quand'ancora i due non si conoscevano, perchè la sua pasta era troppo "firmata". Ma si sa, è dalle crisi che nascono le opportunità, e ben venga.
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