Monterotondo, il Gavi che parla al mondo
Piemonte, ma anche Liguria ed Emilia nelle sue propaggini quasi-lombarde: il Gavishire, come qualche fantasioso neologista ha voluto chiamare il Gaviese, è un territorio uno e trino: capace di parlare a tre differenti regioni ed essere unico nello stesso tempo.
Basta abbandonare la vicina autostrada e lasciarsi alla spalle le luci glamorose degli outlet di Serravalle per perdersi in strade di stretta osservanza, raggomitolate tra i dolci pendii e le vigne ben pettinate di questa zona ad alta vocazione come dicono quelli bravi.
Villa Sparina non è distante: i corpi di fabbrica del resort adagiati ai bordi della strada, e le cantine interrate sul terreno digradante, discrete.
Stefano Moccagatta - in rappresentanza della famiglia che da generazioni lavora le terre di Villa Sparina - ha un modo tangibile per concretizzare la sua idea di Ospitalità: affetta energicamente un salame della Riserva degli Amici. "Ne facciamo solo trecento, cuciti a mano e senza alcuna aggiunta". Il passo successivo è dare un'occhiata al panorama attraverso le vetrate del jardin d'hiver, passando per la bella, grande cucina che serve il ristorante La Gallina. Le Galline, appunto, splendidi lavori di ceramica d'autore che, assieme ad altre decine di rappresentazioni artitstiche dell'intelligente pennuto, occhieggiano dappertutto, con espressioni sorridenti.
Al tavolo fanno bella mostra di sè i magnum di Monterotondo, il Gavi di punta della Casa. Gli anni e decenni si snocciolano nel racconto: dall'impianto della vigna nel 1945 alle successive evoluzioni nei campi e in cantina, con cambiamenti di rotta che hanno condotto all'attuale, affascinante universo espressivo del Monterotondo.
Che nella verticale molto vissuta e poco parlata riesce a strappare pià di un "oooh" di sorpresa: dalla fresca sciuttezza agrumata del 2018, alle sfumature tropicali, il sale e la frutta del 2012, alla finezza levigata, alla coerenza icastica del 2009. Ma è con il millesimo 2008 che le certezze si sgretolano, e il Monterotondo - Cortese in purezza - inizia a parlare le lingue del mondo, trascinando l'immaginazione dell'assaggiatore sulle rive della Loira, o in un altrove schietto e siliceo che con l'assaggio assume la dimensione della grandezza: il profumo giganteggia di terre bianche, clamorosamente minerale, sinuoso e luminoso. Lungo, salato, squillante d'acidità e lontano da qualsiasi giustificativo di vecchiezza. Tanto spettacolare da mettere in ombra il più maturo, e pur bello, 2007: in cui già le pagliuzze dorate, il profumo tondeggiante, il sorso succoso sono i richiami di un persorso stilistico dichiaratamente lasciato alle spalle.
La sintesi finale è presto scritta: il Monterotondo è un grandioso vino bianco italiano da invecchiamento.
Poi potremmo parlare della cucina de La Gallina, così perfettamente inscritta in questa giornata grigia autunnale di pioggia pigra, che nessuno potrà mai più chiamare "uggiosa" da quando il più schivo dei Lucio nazionali ne cantò gli umori. Ma questa è un'altra storia.
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