Tenores '5, dimensione Dettori
Di Badde Nigolosu ricordo la strada - tutta curve - le viti ad alberello, forti ed arcane, e i tramonti. Si cena al tramonto, e il tramonto pare premiarti rimanendo appeso all'istante del raggio verde per ore. Giorni, anni visto che sono ancora qui con gli occhi pieni di tramonti. Ci passavo in bicicletta, quando ancora avevo gambe per farlo, a Sennori.
Quando verso Tenores dalla bottiglia sono i Tramonti di laggiù che sfolgorano nella memoria, oltre a quel profumo nell'aria. Perchè il gesto da fare con quel vino nel bicchiere è chiudere gli occhi.
E surfare sull'aroma navigabile, piegarsi alle sue generose carezze, non prive di calli e cicatrici. E poi ancora, immergersi in quell'impronta sarda che non puoi facilmente dimenticare. Di quando ci passavo in bicicletta a polmoni spalancati, pieni di roba del posto. Mirto, elicriso, che ce n'è tanto che ti viene voglia di saperne il nome e di ricordartene. E poi il sorso, che va via come il vento e solo quando affonda rivela l'irruenza dei 15 gradi e oltre. Tondo, largo, spesso, vellutato, armato di pieghe di broccato e damasco. Ma teso come i venti della sera, i venti al tramonto, i venti della Sardegna di quei luoghi di cristallina verità.
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