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Vuvuvù mi piaci tu, consigli non richiesti per un galateo della condivisione

Vuvuvù mi piaci tu, consigli non richiesti per un galateo della condivisione

É una verità universalmente riconosciuta,  scriverebbe Jane Austen ai nostri tempi, che un/una influencer (lei non avrebbe di questi problemi con gli articoli, sia benedetta la lingua inglese) in possesso di una considerevole base di seguaci giova al brand nella misura in cui lei/lui condivide contenuti ai medesimi, e solo raramente in virtù del vago desiderio di consacrazione che ci sussurra dasopra la spalla sinistra inducendoci nella malaugurata tentazione di farcene vanto.
L'erba del vicino è tanto più verde quanto più lo sono i followers altrui, ed è loro che conta raggiungere, lavorando tanto bene da imporre ai nostri Ospiti l'improrogabilità della narrazione; di splendide cornici non è (ancora) morto nessuno. Rilanci, rilanci dei rilanci, per non parlare dei rilanci dei rilanci dei rilanci che alla fiera dell'est mio padre comprò, oltrepassano qualsivoglia ragionevolezza e senso della misura, per non parlare del decoro e della modestia: si raccomanda di indulgervi con estrema parsimonia, qualora l'astinenza sia per noi umani, troppo umani, ahinoi irraggiungibile.

Come si comporterà dunque il diversamente avveduto imprenditore enogastronomico davanti al proliferare (auspichiamo) di stories e tag e mention e geolocalizzazioni? L'epoca domanda con urgenza una sorta di galateo astuto, nel quale i devotamente vostri, prostrati dalla crescente intollerabilità di un agosto insolitamente lungo eppur spaventosamente breve, si accingono a dar prova di una seppur vaga competenza, chè del resto è cosa assai nota che quelli bravi sono a Milano, e tutto il resto è (para)noia. Avere o essere, essere o non essere, condividere o non condividere? Per tutte queste domande, una solamente è la risposta, e contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è “42”, bensì, con lo spirito di direzione ostinata e contraria che è essenza e sostanza dello spirito di codesto tempo, un'ennesima domanda, che l'imprenditore si rivolgerà ogni qualvolta si trovi indeciso e dubbioso in merito all'opportunità o meno della ricondivisione, e a maggior ragione quando il dubbio non si presenta affatto, ci permettiamo umilmente di sottolineare.
LA domanda, con tutta la prosopopea di chi vuol mostrare d'aver studiato, la indicheremo in latino: “cui prodest?” ovvero, a chi giova? Quale tra le due parti in causa trae maggior beneficio? Abbiamo una notizia non buona; è possibile, se non probabile, che non siate voi. La ricondivisione ha ragioni che la condivisione non conosce, e ciò che a noi appare ineluttabile spesso lo è esattamente nel senso diametralmente opposto: per dirla come mangiamo, quel che condividereste senza esitazioni è nel 97,8% dei casi un contenuto che non merita né necessita di essere condiviso per espletare la sua funzione.
In particolare, alcuni indicatori possono fungere da valida guida per districarsi in questa selva oscura, l'ultimo dei quali sarà il numero di followers dell'autore o autrice: conterà molto di più la cura ed accortezza con la quale sono state scattate le foto, l'eleganza e la composizione dello scatto, facilmente intuibili anche qualora privi di specifiche competenze tecniche in materia di fotografia, la presenza di didascalie curate, da cui si evinca la consapevolezza e conseguente credibilità di chi sta liberamente scegliendo di consigliare il nostro prodotto o servizio al proprio seguito.
Al netto del numero di seguaci, assume rilevanza la quantità e lo spessore dei commenti ai post: diffidiamo di chi mostra proprio malgrado un rapporto commenti/followers dello zero virgola zerozero X. Osserviamo anche il tenore dei commenti: era il 1995 quando uscì il Cluetrain Manifesto a spiegarci come i mercati siano, fossero e per sempre saranno conversazioni, e facciamo attenzione a quante e quali conversazioni scaturiscano dai contenuti che ci menzionano.

Parimenti, baderemo agli equilibri di protagonismo, che calcoleremo con una istintiva equazione di primo grado che metta in rapporto il numero di autoritratti con le informazioni sull'esperienza enogastronomica vissuta, pur concedendo una non misurata e inevitabile dose di egoriferitismo, al contempo essenza e sostanza del medium specifico. Eviteremo di ricondividere contenuti di natura espressamente personale, quantunque geolocalizzati e taggati nel nostro ristorante, bar, shop o qualsivoglia splendida location, ben sapendo che il prestigio offerto dalla nostra azienda a codesti è ben maggiore di quanto il loro contenuto potrà mai offrire a noi. In tali casi basterà ringraziare in privato con una disinvolta emoji di apprezzamento, un commento gentile e specifico in risposta a quel preciso contenuto, e non sarà necessario o consigliabile ricondividere la storia. Ricorderemo di controllare, dal nostro telefonino, anche la colonna (o meglio la tab) delle richieste di messaggi, almeno ogni 12/18 ore, al fine di non perderci alcuna notifica destinata a dissolversi nell'etere come una dichiarazione d'amore tracciata sulla sabbia. Eviteremo con prudenza di rilanciare contenuti di personaggi politici e/o controversi, accontentandoci della sempiterna consapevolezza che è decisamente preferibile un universo in cui il dieci per cento dei seguaci del personaggio è informato della nostra esistenza, nonché auspicabilmente incuriosito, rispetto all'universo parallelo in cui con un gesto rapido il novanta per cento dei nostri followers riterrà opportuno indignarsi perché se da noi ci viene tizio allora loro mai, piuttosto la morte; ci perdonino i nostri venticinque lettori l'affezione alla lingua italiana che rifugge asterischi e vocali inconsuete per indicare il neutro.
Eviteremo di condividere foto sfocate o video sguaiati, a meno che non abbiamo un problema di percezione (ovvero, se siamo considerati troppo costosi) e desideriamo allargare la base di clienti, livellandola progressivamente ed inesorabilmente verso il basso, a patto di farci trovare pronti alle non sempre desiderabili conseguenze del caso. Rischiose, in questi tempi complessi, le immagini di assembramenti più o meno autorizzati, personale privo di mascherina, e tutto ciò che possa far scaturire indignazione nel passante virtuoso ed ansioso di evangelizzare il prossimo: il trauma è recente, la ferita tuttora aperta e sofferente. Avremo in tal senso cura, qualora riteniamo imprescindibile sobbarcarci l'onere di amministrare anche un profilo personale, di evitare anche in tale luogo contegni poco consoni, o di limitarne la privacy con rigore assai superiore persino a quello abitualmente riservato all'Unica e Autentica Carbonara: come imprenditori, artigiani, chef o ristoratori, siamo figure pubbliche, che faranno bene attenzione a conservare una propria identità senza necessariamente urtare sensibilità altrui per l'effimero piacere di una sonata a Kreutzer.

Ringrazieremo con pari cortesia l'influencer rilevante e l'aspirante, senza mai scordare che l'efficacia dei consigli per gli acquisti è direttamente proporzionale all'intimità percepita nei confronti di coloro i quali o le quali si fanno graziosamente carico di elargirne, ricordando l'antico adagio per cui non raramente val più una storia da pecora locale che cento da leone nazionale. Vi sono più regole non scritte tra il cielo e la terra, Orazio, di quante possa contemplarne la nostra filosofia, e l'imperdonabile colpa della prolissità, di cui impunemente ci siamo testé resi colpevoli, c'impone di staccare le dita dalla tastiera, non senza ricordare che in fondo, buoni o cattivi che siamo, quel che ci porta alla fine del film è sempre il piano B.*

* per conoscerlo, potete telefonarci, da settembre su questi schermi.